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Spettacolare ed isolato circo di guglie e torrioni la cui cima sud secondaria con la croce è raggiungibile con sentiero solo un po' faticoso nella parte finale in ripida salita. Ambiente solitario da visitare fuori stagione e compiendo il giro circolare con attenzione all'orientamento ed al fondo delicato in alcuni passi.
Da S.Stefano di Cadore si passa anche Campolongo e poco dopo si devia a sinistra per S.Pietro di Cadore; prima di entrare in paese ad una curva seguire le indicazioni per Costalta. Da qui a nord per rif. Forcella Zovo su stradina stretta ma asfaltata ed in buone condizioni con possibilità di slarghi; all'incrocio con la parallela da Valle – stretta ed in non buone condizioni – pochi metri a sinistra e si arriva al rifugio.
Ci si dirige alla vicinissima forc. Zovo (1606 m) dove la tabella indica il 169 subito in falsopiano a mezza costa e nel basso bosco. Bello il tratto che pian piano si addentra in Val di Vissada con moderata pendenza per poi alzarsi nettamente ed accostare una vicina cascata del rio di Vissada. Si sormonta il salto attraversando il rio e risalendone la parte destra in zona umida. Si risale la Val di Vissada sulla destra sotto il monte Schiaron alzandosi costantemente ora con pendenza più omogenea. Dopo un tratto disagevole per il fondo scolpito si incrocia il 165 proveniente dalla vicina costa Schiaron per continuare a nord ovest alla vicina forc. Longerin (2044 m – 1.00').
Dalla forcella la cresta si affaccia sulla più orientale Val Visdende e le sue minori.
Si ignora una prima deviazione del 169 che scende a nord verso le sorgenti del Londo e ci si dirige verso la base dei primi Torrioni dei Longerin dove un'ulteriore deviazione a destra sempre su segnavia 169 porta al passo Palombino. A sinistra proprio sotto la parete si comincia a salire in pendenza. Qui è possibile restare sotto le pareti dei Torrioni seguendo l'anfiteatro su un percorso semicircolare a riprendere il segnavia più in alto a ridosso dell'ultima parte di colatoi ghiaiosi. Gli sbiaditi ma sufficienti segnavia ed i numerosi ometti guidano invece poco più bassi dentro il catino dapprima su verde e sassi in costante salita. Quando la ghiaia prende il sopravvento la pendenza aumenta e ci si ritrova su passi anche instabili sulle prime faticose ghiaie. Seguire i segnavia sulle rocce più grandi, gli ometti ma soprattutto i camminamenti più comodi dei vari tornantini che aiutano nella progressione. Si lasciano ben più a destra due forcelle intermedie, di cui la seconda d'approccio alla cima nord. Man mano che la pendenza si fa più impegnativa è il caso di seguire gli scalinamenti naturali sulle balze ed i vari tortuosi zig zag delle tracce e solo quando ci si addentra nel canale tra le due cime sud si è costretti a seguire le scomode ma essenziali lingue di ghiaie.
Si devia sensibilmente a sud ora lungo una cengia di ghiaie, si tralasciano a destra i bolli che indicano la più impegnativa vetta principale e ci si dirige verso un panoramico intaglio tra le due cime sud. Lo si valica e costeggiando le ultime rocce finali si arriva alla croce della cima secondaria (2523 m – 1.10’).
Per una veloce digressione alla cima principale e di pochi metri più alta, si parte dai bolli rossi pochi metri sotto l’intaglio. Si tratta di un approccio breve anche se poco stabile e non banale. Seguendo i bolli e gli ometti si risalgono alcune fastidiose lingue di ghiaie seguite da brevi traversi e alcune forcelline fin sotto alcuni passi di arrampicata da superare (III). Questi risultano delicati in particolar modo in discesa essendo questo regno di ghiaie, sassi e lisce placche e dove è utile assicurare. In pochi minuti e con attenzione si tocca la cima (2547 m – 0.15').
Dalla croce si scendono i primi delicati metri sul versante opposto di salita e si prende una chiara traccia sulla sinistra senza alcun segnavia o bollo. Seguendo l'evidente marcatura ed i numerosi ometti ci si cala tra sassi e ghiaie fino alle prime tracce verdi a ridosso della base di un grosso torrione. Ignorando una cengia rocciosa davanti a noi ci si cala a sinistra sul largo catino erboso. Si scendono le ripide balze a vista mancando in questo punto sia gli ometti che una chiara traccia, ma restando al centro del largo pendio e puntando verso una ben marcata traccia di sentiero più sotto. Raggiunta quest'ultima la si segue nel suo aggiramento dell'ultimo contrafforte roccioso per sbucare sopra un terrazzo roccioso dove inizia una singolare cresta che unisce il pendio nord del S.Daniele.
Si scende ora tra i mughi a sinistra e le ghiaie scoscese a destra in bilico sulla linea di spaccatura della cresta. Si rimane a tratti sul filo e quindi sul primo limitare di ghiaie a destra continuando a seguire le tracce. Quando la pendenza si attenua e la traccia lascia le ghiaie si rientra tra i mughi scendendo per qualche metro nel verde. Si individuano i radi camminamenti sul fondo paralleli alla cresta più in alto a destra, anche superando qualche passaggio tra i mughi. Si continua a sud evitando di scendere oltre fino ad incrociare il segnavia 165 proveniente da forc. Longerin. Lo si segue ora in salita per pochi minuti a scollinare la cresta proprio dove parte l'esile traccia che porta al S.Daniele (2703 m – 0.45').
Ci si porta ora sul lato ovest lungo un sentiero tanto segnalato quanto di precaria stabilità. La prima parte è piuttosto veloce in leggera discesa anche se talvolta su ghiaie e scoscesa, quindi si scendono alcuni ripidi metri per riprendere la sottostante traccia nel verde ed ormai lontani da ghiaie e sfasciumi. Si asseconda il piacevole tratto nella vegetazione e seguendone le varie segnalazioni ci si dirige in discesa a tratti marcata nel bosco sino al crocevia con una larga mulattiera nei pressi di Sella Pradetti (1757 m – 0.30').
A sinistra seguendo la comoda mulattiera su segnavia 154 ignorando ogni altra deviazione ed in tranquilla velocità verso il rif. Forcella Zovo (1600 m – 0.40')
L’ambiente e l’isolamento regalano un circo di guglie quasi unico ed un piacevole sentiero che porta alla risalita finale all’interno dell’anfiteatro. La risalita terminale risulta un po’ faticosa ma il dislivello è contenuto.
L’eventuale digressione alla cima sud più alta a destra va affrontata con il casco e con la dovuta esperienza presentando passaggi fino al II su fondo instabile ed infide ghiaie.
La discesa a completare il percorso circolare – senza segnavia - non ha problemi di orientamento nella parte alta mentre nel tratto lungo e appena sotto la cengia di mughi bisogna seguire le labili tracce di camminamenti fino ad incrociare il segnavia CAI.
La prima parte del successivo scollinamento di versante può risultare delicata essendo su cenge di ghiaia, alcuni passi instabili ed a ridosso del versante scosceso; in caso di dubbi rientrare lungo il percorso di salita.
Per l’accesso al rifugio si consiglia la stradina che passa per Costalta in quanto la parallela per Valle risulta più stretta ed in condizioni precarie per un’auto normale.
Da forc. Longerin: 196 a SO per Nonte Schiaron – 169 a N per sorgenti del Londo / a nord-ovest per forc. Palombino
Da Sella dei Pradetti: 165 a S per Monte Zovo/Costa – 157 a S per Costalta
