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Meravigliosa traversata sospesa sugli strapiombi sotto la Spalla Sud del Pelmo. La cengia che prende il nome dal grande esploratore dolomitico regala visioni ed emozioni uniche in un contesto generale incredibile al cospetto di una immensa e mastodontica montagna.
Per salire al rif. Venezia con l’accesso più comodo e tranquillo conviene raggiungere il centro del paese di Zoppé di Cadore, quindi a destra per pochi chilometri ad uscire dall’abitato. Poco dopo la piazzola elicottero si parcheggia negli appositi spiazzi sulla strada chiusa a sinistra (1563 m).
Si prosegue lungo la rotabile – segnavia 456 Anello Zoldano – ed al primo bivio la si lascia per forestale a sinistra – tabella. Poco sopra questa raccoglie il segnavia 493 e gira decisamente a sinistra aggirando quasi in falsopiano l’altura del monte Pena. Accoglie a sinistra il 471 e prosegue a N sotto le Crode de Pena per trasformarsi in sentiero poco sotto
l’incrocio del passo di Rutorto (1931 m). Un breve tratto in leggera discesa e si raggiunge il rif. Venezia (1946 m – 1.30’).
Dal rifugio si rientra al passo di Rutorto e seguendo il 472 AV1 Anello Zoldano si scende sensibilmente traversando sotto la Pala Sud in loc. La Dambra. Si accompagnano i saliscendi del percorso tralasciando il primo bivio col 479/473 proveniente da Coi e Brusadaz. In falsopiano si prosegue sino al bivio successivo - loc. Le Mandre - dove, qualche metro prima del greto torrentizio, un piccolo ometto a destra invita ad una traccia tra i mughi (1908 m – 0.50’) – sin qui anche da forc. Staulanza/Palafavera oppure da Coi.
La si segue obbligatoriamente nelle sue svolte sino a sbucare sul largo ghiaione che risale verso la Fessura tra Pelmetto e Pelmo. Si prosegue sulla ghiaie a fianco del canale di sfasciumi spostandosi a destra dello sbarramento roccioso soprastante. Si traversa il marcato canale di sassi puntando una evidente macchia gialla di distacco dalla parete sovrastata da una estesa macchia di mughi. Si segue ora la traccia dentro il canale che accosta la parete dove iniziano i primi mughi, si devia quindi a sinistra lasciando il canale ignorandone la prosecuzione verso destra (2125 m - 0.20’).
Qualche scalinamento ed una percettibile lingua di terra si alza verso le prime macchie verdi tra due grossi zoccoli rocciosi addentrandosi in ripida salita quasi ad aggirare la parete. Ora senza dubbi ci si porta sopra la bastionata in ambiente aperto al cospetto della lunga ed in questo punto larga Fessura. Si comincia a risalirla sulla parte destra su buona traccia
ancora solida dirigendosi alla base della marcata fascia rocciosa con una risalita più decisa e faticosa. Si traversano lungamente pendii e canali poco solidi in ascesa meno accentuata dirigendosi verso un pendio roccioso che si accosta alla base scendendo qualche metro a superare un marcato canale detritico e risalendo il pendio opposto. Si raggiunge la base
dell’ultimo pendio roccioso che anticipa il ghiaione centrale e se ne risalgono le roccette del profilo per buon tratto (I). Sopra il primo risalto si prosegue lungo le fasce rocciose sui migliori passi lasciando sempre il ghiaione principale alla sinistra. Con discreta progressione sulle rocce si ridiscende sulle lingue di ghiaie successive accostando la parete per un buon tratto instabile e faticoso sin sotto un altro salto roccioso dalla percorrenza a vista ma quasi logica (I/I+).
Segue un traverso a sinistra su cenge e cornici parzialmente esposte, si supera un’ansa e ci si alza ancora sulla delicata paretina successiva (pp. II-). Da un pulpito di ghiaie con ometto si prosegue per un buon tratto su ghiaie scivolose mentre il canale si restringe sensibilmente. Si raggiunge la base di un ultimo breve risalto roccioso (I) oltre il quale una franosa lingua di terra e ghiaie anticipa la sosta presso l’unico e singolare ometto all’inizio della cengia di Grohmann a poche decine di metri sotto l’intaglio della Fessura (2670 m – 1.40’).
Dall’ometto a destra si salgono pochi metri sulle ghiaie ad individuare ed imboccare l’evidente cengia che corre sotto una fascia rocciosa con le banche ghiaiose a destra, in questo punto discretamente appoggiate. In falsopiano in ambiente che lentamente diviene sempre più surreale ci si allontana dalla Fessura e dalla vertiginosa parete del Pelmetto. Si prosegue con facilità lungo la traccia per il momento abbastanza comoda e marcata seguendone lo sviluppo all’orizzonte. Per un tratto la volta della parete tende ad abbassarsi quasi a coprire la cengia per poi aprirsi nuovamente e distanziare di poco la parete. Si aggira leggermente la roccia e sia apre alla vista il lungo traverso che culmina nel ampio terrazzo ed il suo ometto. Pressoché in falsopiano lungamente sospesi sugli strapiombi seppure mai in esposizione diretta ci si dirige verso il profilo ben distinto e con un ultima appena accennata risalita si perviene al comodo terrazzo di ghiaie dove si saluta l’ultima vista del Pelmetto con l’ultimo tratto dove le banche risultano più strette e ripide.
Doppiata la grossa gobba rocciosa inizia la parte centrale della cengia, più scoscesa e stretta come pure più corta della precedente. Su traccia ora più esigua ma comunque solida si traversano banche più ridotte dove qualche saliscendi rompe appena l’incedere. Si perviene sopra una svolta presso uno spigolo detritico anticipato da una breve discesa appoggiata su detriti e scaglie (2760 m - 2 m – I) da cui si poggia su comoda cengia detritica ad aggirare la parete. Segue un traverso in falsopiano che punta ad un ben più marcato spigolo che si raggiunge con facilità seppur nella massima attenzione sopra le ora ridotte banche precipitanti. Si approccia lo spigolo ben individuato già in lontananza e contraddistinto da tre cenge, la superiore ricoperta di scaglie da evitare, quella sotto più larga, esposta e ricoperta di ghiaie e quella centrale. Si avvicina quest’ultima e con una breve discesa su buona roccia (2 m – I) si scende su un ridotto ma solido terrazzino intermedio da cui si aggira lo spigolo indirettamente esposto su buoni appoggi e prese (I) e si prosegue sulla cengia successiva larga e comoda. In parziale risalita si riprende la traversata sulle ghiaie ora più appoggiate che, superata una svolta ed un iniziale falsopiano, iniziano a scendere gradatamente con un lungo, facile e risolutivo traverso verso il centro del ghiaione centrale dove ci si congiunge al sentiero che lo risale dalla sottostante seppur già lontana cengia di Ball (2570 m – 1.20’).
Incrociate le tracce e gli ometti che risalgono il ghiaione si prosegue in salita spesso scomoda sin sotto la prima fascia rocciosa solcata da numerose cenge trasversali disseminate di ometti. Si approcciano a destra per spostarsi verso il centro e quindi leggermente a sinistra. La via, pur non essendo obbligata, si snoda tortuosa fra le varie cenge e gli eccessivi
ometti creano più che altro confusione. Spesso a vista ci si alza con decisione e ci si affaccia sul Vant, un tempo corposo nevaio, ora tristemente brullo. Le indicazioni ed i persistenti numerosi ometti guidano lungo la parte centrale del poco ripido pianoro verso l’evidente leggera depressione della cresta tra la cima, a destra e la corposa Spalla Sud a sinistra.
Poco sotto la fascia che anticipa la cresta qualche passo presenta più ripidità ma sia la traccia sempre evidente che la logicità del percorso consentono di poggiare sull’ampia e pianeggiante sella alla base della cresta finale (2990 m – 1.00’).
A destra poco al di sotto della cresta toccando almeno tre spettacolari aperture ben sopra la sottostante Fessura, il prospicente Pelmetto come la sottostante Val Fiorentina. Lungo le ghiaie, qualche saltino roccioso, una breve rampa liscia e ci si alza marcatamente. Per un tratto ci si districa lungo il filo di cresta e si perviene sotto una bassa fascia rocciosa
antistante la cima. La si supera sul lato destro (I+) oppure più a sinistra (II) e si monta sulla lunga, panoramica e quasi pianeggiante cresta sommitale sino alla croce della cima del Pelmo (3168 m – 0.30’).
Dalla cima si ripercorre lo stesso percorso con attenzione lungo le prime discese dalla cresta sommitale sino alla vasta terrazza da cui a sinistra lungamente a ridiscendere il Vant. Si discendono le fasce rocciose sui passi più agevoli per spostarsi presso gli ultimi salti verso sinistra. Si poggia sul ghiaione che dopo le prime ripide e scomode serpentine si segue più centralmente e lungamente alternando tratti più faticosi ad altri meno stancanti. Si perviene sopra una parziale spianata di sassi e ghiaie e si devia leggermente a sinistra con bel spettacolo sulle striate pareti S della Spalla Est. Si riprende la ripida discesa spostandosi leggermente a destra – parziali prime viste sulla sottostante cengia di Ball -, si discende un pendio di roccette e su terreno ora pianeggiante si perviene all’imbocco della cengia (2220 – 1.30’).
Dopo i primi metri si entra in una ampia ansa con vista sul prosieguo del lato opposto. Si aggira uno spigolo esposto passando bassi sotto la svolta oppure attorno alla stessa e si percorre con attenzione tutta la rientranza, già qui spettacolare quanto esposta soprattutto nella parte iniziale. Si percorre l’orizzontale sponda opposta sino al ben conosciuto passo del Gatto, da tempo ormai attrezzato con cordino che ne facilita ed assicura il superamento su esposto quanto breve traverso (4 m) a riprendere la cengia subito oltre. Segue un tratto ben scalinato quanto esposto da percorrere con cautela e con attenzione dove la volta si abbassa sensibilmente. Si riesce all’aperto ad un’ampia e panoramica svolta per rientrare ancora dentro una successiva ansa del percorso. Inizialmente più facile si rivela più esposta ed esigua nella sua percorrenza terminale con diversi passi delicati e sprotetti. Si aggira un marcato spigolo – cordino – e si accompagna un tratto più tranquillo dove peraltro è presente qualche macchia di roccia bagnata e ghiaie non molto consistenti. Ci si affaccia infine sopra i verdi pendii soprastanti il passo di Rutorto ed il rif. Venezia. La cengia prosegue in leggera discesa alternando passaggi con traversi su cenge e rocce talvolta ancora un po’ esposte ma dal carattere più comodo ad un successivo lungo traverso su ghiaie per portarsi infine sopra l’ultima fascia rocciosa. Seguendo i vistosi bolli e le tracce di passaggio ci si abbassa sulle ultime svolte (pp. I) e si monta sulle ghiaie basali presso l’attacco della cengia di Ball (2120 – 0.40’).
Lungo le divertenti lingue ghiaiose tra rada vegetazione si discende il pendio e con l’ultimo traverso a destra si supera una macchia di alti mughi pervenendo in breve al terrazzamento del rif. Venezia (1946 m – 0.15’).
Per il rientro a Zoppè, come descritto in salita, sul 471 Anello Zoldano ci si porta al vicino passo di Rutorto da cui a sinistra sulle sporche roccette della chiara traccia sino all’imbocco della forestale che in piacevole discesa – in seguito 493 e 456 - riporta al parcheggio poco sopra l’abitato di Zoppé (1563 m – 1.00’/1.10’).
Definire spettacolare la cengia di Grohmann è riduttivo ma pur difficile descriverla nella sua bellezza. Mai in esposizione diretta ma pienamente visibile lungo le vedute durante la percorrenza come pure rimane sempre intuibile lo strapiombo sotto le banche di ghiaie, soprattutto nella parte centrale dove queste si riducono e denotano maggior ripidità.
Si tratta di un percorso dove è praticamente improponibile qualsiasi assicurazione ma dove gli unici due passaggi più aerei – l’aggiramento di due spigoli – risultano meno impegnativi del previsto e comportano due brevi discese poco ripide nell’approccio seppure in un continuo e costante contesto di sentita esposizione. Percorso riservato a persone confidenti con terreni simili dove la cengia, sempre ben solida ed evidente, è sempre ricoperta di detriti.
L’accesso lungo la Fessura risulta lungo e talvolta molto faticoso e fastidioso come pure qualche attenzione nella ricerca dell’approccio iniziale tra i mughi. Le rocce lungo il canale sono solide ma spesso ricoperte di detriti ma consentono, con impegno tecnico ridotto, di evitare lunghi tratti sulle ghiaie instabili e scivolose.
La salita alla cima è il giusto completamento della traversata, lunga e faticosa, resa ancora più tortuosa oggi tempo in mancanza di un corposo nevaio sul Vant. La cresta finale va affrontata con cautela, alcuni passi risultano per niente banali e la fatica come pure l’altitudine possono giocare un ruolo importante. La discesa alla cengia di Ball è lunga ed estenuante
dal fondo spesso troppo duro.
La cengia di Ball, che si presenta prevalentemente orizzontale e pulita, presenta tre brevi passaggi corredati da cordino (uno dei quali il famoso passo del gatto) ma come pure parecchi tratti sprotetti decisamente esposti e delicati. Lungo il percorso parecchi chiodi, rinvii ed anelli su clessidre possono aiutare ad assicurare i meno esperti aumentandone
comunque i tempi di percorrenza.
L’accesso al rifugio Venezia descritto da Zoppé risulta decisamente il più comodo e tranquillo anche per l’accesso al mattino verso la Fessura come pure per il rientro a fine giornata.
Al rif. Venezia si può giungere da altre località con diverse soluzioni e tempi maggiori:
- forc. Staulanza (1766 m): sul 472 AV1 Anello Zoldano in falsopiano e continui saliscendi (2.20’)
- Palafavera (1500 m): sul 474 AV1 sino ad incrociare il 472 proveniente da forc. Staulanza (2.10’)
- Coi o Brusadaz (1500/1380 m): sopra Mareson e sul 473/499 sino ad incrociare il 472 come sopra (2.40’)
- Casera de Ciàuta (1552 m): sopra Borca di Cadore quindi sul 475 (1.20’)
- Serdes o Villanova (1000/1100 m): sopra San Vito di Cadore sul 470 AV3 (3.20’)
