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relazioni
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Traversata spettacolare lungo una montagna simbolo del Friuli. La ferrata è solo una piccola parte del percorso che regala visioni e visitazioni impagabili come pure un approccio più tecnico lungo il canalone che guida alla cima.
Dalla A23 si esce al casello di Malborghetto-Valbruna e si percorre la Val Saisera sino all’ultimo parcheggio nei pressi dell’omonima malga (1004 m).
Si imbocca il segnavia 611 che tagliando i lunghi tornanti della mulattiera si alza verso la Sella di Sompdogna – oppure lungo la mulattiera stessa allungando un pò i tempi - conduce al bel rif. Fratelli Grego (1389 m – 0.50’). Sin qui è possibile arrivare in 20 minuti anche dal parcheggio di Sella Sompdogna, dopo aver percorso la lunga Val Dogna – 15 km.
Dal rifugio si segue il segnavia 611 verso S tagliando in leggera discesa il boscoso versante E dello Jof di Sompdogna. Si aggira l’ultimo contrafforte roccioso e ci si abbassa nella Fossa di Carnizza che si traversa sin sotto un ripido pendio. Ci si alza con decisione sopra lo spallone dove si intercetta il 652 ed a sinistra si perviene al biv. Stuparich (1578 m – 0.50’).
A monte del bivacco si sale in ambiente aperto ad E verso la base della Torre Palizza quindi con lungo traverso a destra si perviene sotto le pareti all’attacco della Via Amalia (1880 m – 0.50’).
Si approcciano le facili roccette iniziali dove i cavi guidano da sinistra a destra e con qualche svolta e risalita ben appigliata lungo caminetti e paretine. Si risale una ripida fessura quindi a destra oltre una singolare spaccatura traversando sotto un ripido camino alla cui sommità si apre il percorso con la facile risalita di un pendio roccioso macchiato di verde. Si
risalgono i gradoni sul lato sinistro del pendio e sopra l’ultimo gradone si monta sul soprastante terrazzo risalendone il breve pendio verde all’interno di un circo spettacolare. Si traversano le bianche rocce che chiudono l’anfiteatro e lungo ampe svolte ci si alza con decisione verso alcune macchie scure sulle fasce rocciose. Si accosta una successiva fascia
erbosa e si rimonta una facile paretina ben appigliata dove riprendono le funi ed il successivo pendio roccioso macchiato di verde che con linea diretta conduce sulla terrazza soprastante. A seguire un altro tratto in sensibile ascesa e con un ultimo traverso sotto l’ultima fascia rocciosa sotto il terminale nevaio dove è possibile trovare acqua lungo un colatoio poco distante dal segnavia. Ora a sinistra lungo il marcato e detritico pendio che raggiunge il gradone sommitale, traversa verso destra in più comoda pendenza passando sotto o sulle lingue terminali del nevaio e si porta verso il profilo della linea rocciosa che si alza sopra i verdi. Lungo un breve tratto attrezzato si rimonta un ripido seppur facile pendi sin sopra la spettacolare Cresta dei Draghi al cospetto della Torre Nord del Montasio (2450 m - 2.20’).
La si percorre nel suo aereo tratto terminale si dove il segnavia traversa a destra sotto il filo volgendo sul versante O. Si discendono i ripidi verdi successivi seguendo il marcato inciso nel terreno accompagnato da alcune funi inziali. Ci si abbassa sensibilmente con alcune svolte per traversare una fascia detritica e superare un colatoio oltre il quale con breve
risalita si raggiunge una panoramica selletta. Oltre la svolta si traversa un facile verde pendio - poco sotto sulla destra la Sfinge – quindi si rimonta una serie di gradoni rocciosi, parzialmente attrezzati, traversando verso destra a raggiungere la comoda cengia soprastante (pp. I+). Si aggira un marcato spigolo e poco sotto si perviene all’aereo terrazzo dove sorge lo strategico biv. Suringar (2430 m – 0.40’).
Oltre il bivacco verso S si accompagna la Grande Cengia per pochi metri sino ad una evidente segnalazione su un grande sasso. La Grande Cengia costituisce una comoda via di fuga proseguendo in falsopiano a SE per scendere alla Forca dei Disteis (2201) ad incrociare la normale di discesa dallo Jof di Montasio e porta ai Piani del Montasio (1502 m – 1.30’).
Dal bivio ci si alza sulle sinistra seguendo i bolli essenzialmente su linee logiche di salita e tracce con qualche tratto più ripido ma ben appigliato come pure qualche svolta più appoggiata. La prima parte della salita si svolge sulla parete sinistra del canalone Findenneg e si rivela divertente, solida e sostanzialmente facile con diversi passi di I guidati dai bolli. Si rimonta un primo marcato dislivello a raggiungere, con marcato traverso a destra, una fascia rocciosa più ripida su roccia bianca. Su buoni passi ci si addentra nel canalone, ora più stretto ed in ombra dove si incontrano balze rocciose più marcate come pure detriti e ghiaie. Si alternano passaggi diretti a brevi traversi su cenge che spezzano la lunga e
costante risalita. Dopo un largo terrazzo che si traversa a sinistra ci si porta sotto la fascia rocciosa più ripida ed impegnativa che si supera con impegno più accentuato rimontandone i vari terrazzini detritici intermedi (I - pp. II). La progressione risulta divertente in condizioni ottimali ma al contempo implica una particolare cautela per non smuovere sassi lungo il percorso. Dove il canale sembra biforcarsi se ne segue il ramo sinistro ancora ripido conservandone l’impegno tecnico precedente. La parte terminale del canale si risale sul lato sinistro sino ai rovinosi e detritici terrazzini soprastanti da cui sulle ultime roccette e sassi con breve ascesa a sinistra si monta sulla frastagliata cresta terminale che apre alla vista della vicina cima di poco più alta. Si segue la cresta inizialmente in falsopiano sul lato destro traversando una successiva fascia rocciosa e rimontando il filo ora aereo e spettacolare. Si rimontano le facili ed esposte roccette seguendo il marcato profilo della cresta, si aggira un grosso roccione e ci si destreggia tra le rocce e gli spuntoni rimontando un breve canalino a riprendere ormai la parte finale della cresta che in breve conduce con gli ultimi passi sulla cima dello Jof di Montasio (2753 m – 1.10’).
Dalla cima si prosegue lungo la cresta sommitale tra i detriti e ci si abbassa sui gradoni sottostanti seguendo il filo. Si scende un marcato gradino roccioso, una breve discesa più marcata tra le roccette ed un breve tratto in falsopiano lungo vecchie postazioni di guerra dove un tratto percorre uno spettacolare camminamento sul filo. Ci si abbassa sulle terrazze
sottostanti - al cospetto della vicina Cima Verde – ricoperte di ghiaie e sassi perdendo sensibilmente dislivello sino alle funi che lungo le ultime svolte attrezzate conducono sopra la lunga Scala Pipan. Si discendono i tronconi della scala per una settantina di metri e dove questa termina ci si destreggia sulle staffe e le funi terminali calando alla base della parete
(0.50’). Si prosegue nella discesa inizialmente sui sassi che lasciano posto, più sotto, alle ghiaie ed ai detriti. Si svolta a destra sotto la parete e si segue la marcata traccia che raggiunto un terrazzo svolta per poco a sinistra per calare sotto un successivo pendio detritico – deviazione a sinistra per Sentiero Leva. Si volge ancora ad E traversando i ripidi pendii e mirando all’evidente largo ghiaione sotto la Forca dei Disteis che si approccia con le ultime discese guidati dai bolli su traccia ben marcata che implica solo qualche passo più accorto (2201 m – 0.40’).
Ci si allunga sulla veloce discesa lungo il ghiaione sino al bivio sottostante (1722 m) da cui direttamente ai Piani del Montasio sulle comode mulattiere oppure a sinistra su segnavia con finale traverso al non lontano rif. Di Brazzà (1660 m – 0.50’). Da questo in breve ai vicini parcheggi ai Piani del Montasio (1502 m – 0.10’).
Via d'ambiente a pieno titolo. Lunga, impegnativa, ad incrociare ogni tipo di terreno, la via Amalia al Montasio rimane forse la ferrata più famosa di tutto il Friuli, agevolata in ciò dalla moltitudine di scenari che si incontrano e percorrono. La traversata con discesa con la normale a S, come da relazione, è un'esperienza da non mancare per gli amanti della montagna severa e selvaggia assieme. Roccia, ferrata, prati pensili, colatoi, nevai, canaloni sprotetti dove l'escursionista d'alto livello qui ritrova tutte le cose per le quali ama la montagna. Una preparazione tecnica e atletica adeguata, oltre ad un’adeguata scorta d'acqua, sono elementi determinanti per godere appieno della vecchia “Via dei cacciatori italiani”, quando veniva usata per andare a rubare, dalla val Raccolana alla Saisera, la selvaggina in territorio al tempo straniero.
Dal rif. Fratelli Grego: mulattiera a NO per Sella di Sompdogna/Val Dogna
Dal biv. Stuparich: 618 e 611 Sentiero Chersi ad E per la Val Saisera / 652 a NO per Val Dogna e 610 Jof di Sompdogna
Dal biv. Suringar: a SE per la Grande Cengia alla Forca dei Disteis/rif. Di Brazzà
Dal bivio sotto la Scala Pipan: a SE per Sentiero Leva/rif. Di Brazzà/Sentiero Ceria Merlone
